RECENSIONI


Invito all’Harlem Shake, di Renzo Gorini

Pierrette Lavanchy recensisce Invito all’Harlem Shake, di Renzo Gorini. Edizioni Progetto Cultura,  Collana Le scommesse, Roma, 2014.


«Provi a partire tutte le volte che pensa di arrivare». Questa è la proposta forte del romanzo Invito all’Harlem Shake che Renzo Gorini, ingegnere, esperto di infrastrutture, con esperienze manageriali in strutture private e pubbliche, pubblica presso le Edizioni Progetto Cultura. Un invito a contrastare l’inerzia, a trasgredire le apparenze, a  non cadere nelle trappole del pensiero e nemmeno delle parole.
     Partire quando si pensa di arrivare è il suggerimento dato da un personaggio giovane, Mario, di trentotto anni, al sessantenne Giordano, incontrato all’aeroporto. Giordano si aggira perplesso nell’atrio degli arrivi, pur essendo vestito e attrezzato come un viaggiatore in partenza. Giordano non sa distinguere chiaramente tra arrivi e partenze. Giordano è, diciamo, disorientato. Allo stesso modo Ayn, personaggio femminile di una certa età, non sa che binario prendere per andare in una determinata direzione, ed è ancora Mario a darle il giusto consiglio. Un consiglio che si esprime in un codice spaziale, ma riguarda soprattutto il tempo, la possibilità di ricominciare, di ripartire, di rilanciare la propria vita mantenendo viva la speranza.
     Ayn e Giordano sono “personaggi del passato”, la cui traiettoria interseca il percorso degli altri protagonisti abitanti del mondo attuale, con i quali entrano in conversazioni spesso ellittiche, introducendo interrogativi o messaggi, non sempre ascoltati. Chi sono gli altri protagonisti? Sono componenti di coppie, appartenenti a diverse generazioni:  giovani adulti come Mario e Paola, studenti universitari come Gioia e Davide, ragazzini di dieci anni come Bob e Jenny. Nel corso degli episodi che li coinvolgono, questi personaggi vengono abbordati sia da Giordano, sia da Ayn, sia ancora da Greta, altra figura del passato, bella e infelice. I personaggi del passato sembrano conoscere quelli del presente, perché li chiamano per nome. All’inizio del racconto hanno perso la direzione della loro vita e  colpisce il fatto che siano loro, portatori di storia e di esperienza, a cercare risposte presso i più giovani.
     Le vicende narrate nel libro coprono la durata di un anno. Ogni capitolo corrisponde a un mese, a cominciare da novembre fino all’ottobre dell’anno successivo. In ogni capitolo sono presenti, insieme o separatamente, i membri di una coppia. Per dare un esempio: nel primo capitolo, situato a novembre, compare la coppia formata da Mario e Paola. Il trentottenne Mario lavora per il progetto Expo Milano abitando tuttavia a Londra, ed è per questo che, da pendolare, frequenta gli aeroporti dove incontra Giordano. A Milano intanto sta Paola, che è una giovane professionista ammiratrice di Matteo Renzi.  Anche lei incontra Giordano, che le racconta di essere stato in carcere a dieci e a quarantotto anni, e le spiega l’apparente contraddizione in base alla tesi, elaborata da Ralf Dahrendorf, delle due età: ogni persona, accanto alla sua età contingente, anagrafica, ha un’età permanente che la caratterizza nella sua essenzialità. L’età permanente di Giordano è dieci anni, l’età alla quale si può ancora imparare tutto. «Il segreto è nell’incoerenza», aggiunge, altra proposta forte, ma ora la lezione di vita proviene dalla “persona del passato” indirizzata alla giovane.
     Vi è quindi una circolazione di messaggi, se non una vera e propria interazione, tra le generazioni di cui le varie coppie sono rappresentanti. Ma il libro non è una rappresentazione naturalistica dello scambio tra generazioni. È piuttosto un tentativo di scomporre una vita e dare alle sue diverse fasi un esistenza autonoma, un esercizio di disidentità. È facile scorgere infatti nella figura di Mario un doppio più  giovane, o per meglio dire, un replicante disidentico dell’autore, con cui condivide un frammento di biografia. E questo vale anche per gli altri personaggi, per Davide che studia al Politecnico di Milano, per il simpatico Bob di dieci anni che anela a doppiare in barca a vela il promontorio di Gabicce, senza dimenticare i personaggi femminili e le loro passioni politiche. Il romanzo si precisa allora come il luogo in cui il protagonista principale, Giordano, rilancia la sua vita distribuendola a personaggi di diverse età nei quali si rispecchia in parte e che vivono parte della sua esperienza. Possiamo chiederci se Giordano, come personaggio del mondo attuale, non stia facendo un serie di prove di reincarnazione, dove l’arrivo coincide con una partenza.

Nel corso dei mesi accadono incontri:  Paola, per un mese a Londra, ha una breve storia con Mario. A febbraio Davide e Gioia, i due studenti universitari, iniziano a frequentarsi a Milano. Ad aprile il focus è su Bob e Jenny, due ragazzini bolognesi, che si conoscono a tennis.  In questi passaggi, al pari delle figure diventa protagonista lo sfondo: di volta in volta Londra, poi Milano, poi Bologna, poi Rimini sono evocate con i loro luoghi familiari a chi vi ha vissuto, quel particolare bar, quella piazza, quel museo, e con considerazioni sui loro abitanti, sui loro costumi, sull’economia, sulla gastronomia, sull’architettura. Naturalmente l’esperienza diretta dell’autore – narratore onnisciente – traspare in queste evocazioni; l’esperienza di vita e gli interessi culturali, ma anche la conoscenza tecnica specifica dei problemi nelle pagine interessantissime su Malpensa, le simpatie politiche nelle citazioni di Matteo Renzi o di Pier Luigi Bersani.
     Un motivo narrativo ricorrente è l’ambizione delle donne. Alle donne l’autore riserva uno sguardo ironico, anche se non privo di simpatia. Le donne in carriera imitano gli uomini, non hanno stile, dice Ayn, la cinquantenne fragile e colta, che discorre con Mario su Tocqueville.  Solo Greta, personificazione della bellezza assoluta, ma chiusa al mondo, è portavoce di un’opinione diversa:  le donne sanno soffrire senza morire; la donna amata, per l’uomo che l’ama, è la più bella del mondo. Ma poi tutte le protagoniste mostrano un utilitarismo a volte cinico. Paola a Londra esclude immediatamente l’amicizia con una giapponese perché non serve a imparare l’inglese; Gioia a Milano accetta di uscire con Davide pensando che può essere utile alla sua carriera scolastica. Jenny elegge Bob che può insegnarle il tennis; ma più avanti, quando scopre Milano e si entusiasma per una vita indipendente, lontano dai genitori, perde ogni interesse per il fidanzatino. Complessivamente, l’elemento femminile cerca l’emancipazione, mentre l’elemento maschile dà maggior peso alla continuità.
     Dopo varie vicissitudini, il mese di agosto vede una convergenza di tutti i personaggi a Rimini, per una festa mascherata, un Harlem Shake. Ci sono anche i tre personaggi del passato. I personaggi ventenni incontrano quelli di dieci anni, e Gioia scopre che può imparare cose da Bob. Paola e Mario parlano con Jenny. Alla fine ciascuno dice qualcosa che segnala il recupero della speranza o del desiderio. Bob supererà il promontorio di Gabicce, le coppie esprimono desideri, sia di rimanere insieme, sia di avere un figlio, Jenny scopre che la vita è lunga.

Vi sono vari elementi che possono far situare questo testo intrigante nell’ambito del romanzo allegorico. I nomi dei personaggi del passato richiamano figure a forte valenza simbolica: Giordano Bruno, Ayn Rand, Greta Garbo. Le loro parole hanno un tono oracolare. L’incontro dei personaggi che culmina nell’appuntamento al mare significherebbe che il dialogo tra generazioni non è chiuso e che da esso può nascere un progetto di speranza. La speranza è rappresentata da Elena, una bambina di due anni, che compare alla fine del libro e non si può non pensare al poema di Charles Péguy in cui la seconda virtù teologale, la Speranza appunto, è vista come une toute petite fille, una bambina piccolissima.
     Ma poi, sempre nel tentativo di situare il romanzo nell’ambito letterario, altri elementi ci indirizzano piuttosto al genere fantastico o all’ambito del sogno. Il modo di apparire dei personaggi del passato, che si materializzano dal nulla e chiamano le persone per nome, ne è un indizio. D’altronde, al momento della festa, essi sono designati come “fantasmi”. Chiaramente onirici sono i due brevissimi testi posti come prologo e come epilogo, dove è questione di Mario e di una “lei”. Nel prologo, quando Mario accompagna “lei” nella sua camera d’albergo,  la parete cade e si apre su un bar affollato di fumatori. Nell’epilogo, sono presi in una tormenta di polvere e di cavallette (accompagnati come sono da un politico!). Questi aspetti onirici, insieme al tema della moltiplicazione disidentica dei personaggi, ricordano Gli inconsolabili di Kazuo Ishiguro, dove il pianista Ryder continua a incontrare replicanti suoi di diverse età. Ma mentre là vigeva una tonalità angosciosa, da incubo, qui abbiamo un testo piano e levigato, con descrizioni molto concrete e molto informate dei fatti, con un’ambientazione molto precisa e specifica, con personaggi raffigurati nei loro tratti essenziali, in maniera iconica. Il narratore onnisciente è al di fuori della storia e si esprime in modo apparentemente impersonale. Ma lascia comunque filtrare, nei confronti dei luoghi e delle persone di cui parla, una corrente valutativa, d’ironia sorniona più che di critica aperta, con sprazzi di umorismo. Così, se il romanzo di Ishiguro evocava atmosfere nello stile di Füssli, questo romanzo ci rimanda piuttosto all’iperrealismo o alla pittura metafisica di De Chirico. Sul piano specifico della letteratura, ci sembra di poter dire che l’autore si riallaccia, non tanto alla tradizione classica dei romanzieri che creano una continuità narrativa in base a sequenze di eventi collegati causalmente, alla maniera di Manzoni o di Balzac, quanto piuttosto al filone di scrittori che, da Proust a Joyce, fino a Robbe-Grillet e a Butor, scelgono l’abbandono delle storie e privilegiano l’accesso a moduli narrativi discreti. Dove non ci aspetta un evento risolutivo di una storia, ma una situazione che si rivela; dove troviamo sequenze aperte che non creano una continuità di intreccio ma alludono alle possibilità dell’essere.




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