RECENSIONI


Esorcizzare la maledizione

Pierrette Lavanchy recensisce: La mia possessione. Come mi sono liberato da 27 legioni di demoni, di Francesco Vaiasuso e Paolo Rodari, Edizioni Piemme, Milano, 2012, pp. 261, € 16,00.

La mia possessione, con il sottotitolo Come mi sono liberato da 27 legioni di demoni, è la storia della possessione di Francesco Vaiasuso scritta da Francesco Vaiasuso medesimo in collaborazione con il giornalista del Foglio Paolo Rodari e pubblicata dalle edizioni Piemme nel 2012, al prezzo di 16 euro per 261 pagine. Francesco nasce a Alcamo nell’ottobre del 1971, dopo otto mesi di gravidanza, pesando 1 chilo e 400 grammi. Viene messo in incubatrice. I medici disperano di poterlo salvare. Ma alla fine ce la fa. Fino a quattro anni Francesco cresce sano e felice. Il padre è rappresentante commerciale di un’azienda importante e la madre ha un negozio prospero di cornici. Qualche mese prima dei suoi quattro anni, Francesco e la madre si recano a Chicago a trovare una parente, Caterina, alla quale la madre aveva presentato l’uomo che sarebbe diventato poi suo marito e che era un amico di famiglia. Un giorno Caterina porta con sé il piccolo Francesco per una passeggiata. I due ritornano con il piccolo che esibisce con piacere il regalo di un camioncino.
Un diluvio di patologie. Al ritorno in Sicilia, le cose cambiano radicalmente per Francesco e la sua famiglia. Comincia con una crisi respiratoria che insorge di notte, talmente violenta da richiedere un soggiorno in ospedale dove fanno la diagnosi di asma bronchiale. Le crisi andranno susseguendosi per anni e anni. Inoltre Francesco si sente fiacco, stanco, con dolori frequenti ai polpacci. Insorgono poi dolori ai denti, con le gengive che si ritraggono fino a scoprire le radici dei denti stessi. A sette anni, cominciano le allergie, mentre le superfici del corpo si riempiono di vaste ecchimosi inspiegabili. Il prurito associato alle allergie diventa a tratti insopportabili. Spesso si aggiungono eruzioni di herpes labiale. Subentra anche una dolorosa forma di otite. Anche le notti si fanno inquiete. Francesco si sveglia tutte le mattine completamente scoperto; altre volte, verso i quindici anni, senza pigiama e con eiaculazioni potentissime. Perde la memoria, e conseguentemente va male a scuola, che lascia, per mettersi a lavorare nella galleria d’arte della madre.
Malgrado le malattie Francesco non si perde d’animo, lavora con piacere nella galleria, si incontra con ragazze, si fidanza, frequenta amici. A un certo punto il padre di Francesco sviene durante una passeggiata e sviluppa attacchi di panico, con incapacità di andare in giro da solo. Per quanto inspiegabile l’evento, nel giro di un anno, seguendo le indicazioni di un sacerdote, secondo il quale per risolvere i suoi problemi deve andare a messa tutti i giorni, il padre di Francesco da un giorno all’altro torna uguale a prima improvvisamente.
Avversione al sacro. Intanto Francesco si fidanza con Daniela, la ragazza che diventerà poi sua moglie. Ma un giorno, quando assieme stanno per entrare in una chiesa, Francesco si sente vittima di quella che più tardi imparerà a chiamare avversione al sacro e se ne sta fuori. Comincia a frequentare un religioso gesuita, fratello Sebastiano Ferro, al quale pone tante domande sulle sue malattie. Fratello Ferro cerca di rispondere e un giorno gli dice che le malattie a volte sono provocate da gente cattiva, gente che si serve di Satana per fare del male a altre persone. Francesco è molto colpito da queste parole. Il frate allora chiede a Francesco di dire che rinuncia a Satana e allo spirito della medianità. Francesco è preso da una sorta di paralisi vocale quando prova a ripetere le parole del frate. Insorgono anche disturbi intestinali, fra i quali una ritenzione delle feci per oltre una settimana. Intanto cominciano le sedute di preghiere su Francesco di fratello Ferro. Durante una di queste Francesco ha una reazione violenta contro il sacerdote che accompagna frate Ferro, sputa e inveisce, si agita, freme, nei modi di una belva in gabbia, schiuma dalla bocca, suda, si passa le mani fra i capelli forsennatamente. Poi si sdraia sul divano, rigido, come morto, poi comincia a sobbalzare, salta in piedi, afferra un crocefisso dalla parete e lo scaglia contro il sacerdote. Poi di nuovo si sdraia a comincia a russare.
Dissociazione e possessione. Che cosa sta succedendo? Padre Ferro risponde che anche Gesù dovette lottare contro gli spiriti del male. Francesco ha l’impressione di vivere in uno stato di dissociazione. Da una parte, specialmente dopo le preghiere di frate Ferro, sta bene, dall’altra si sente spinto a comportamenti che non riconosce come propri. Per esempio,improvvisamente avverte come delle presenze attorno a lui e grida a sua moglie Daniela: «arrivano, arrivano». Poi urla: «Sono Satana. Sono Satana». Le urla diventano a volte voci di animali, un leone, un gatto, un cane, un asino. L’aspetto di Francesco si modula sulle voci che gridano. Malgrado il susseguirsi frequente di questi episodi, che intralciano la sua vita di ogni giorno, Francesco non va da nessun medico, ma resta fiducioso nelle preghiere di frate Ferro.
Pellegrinaggi. Finalmente anche frate Ferro si rende conto del precipitare della situazione e invia Francesco da un sacerdote passionista di quasi ottanta anni, don Angelo Mangione. Appena lo vede, Francesco dà in escandescenze urlando: «Sono Satana, sono Satana, cosa credi di fare qui tu Angelo?». Fa anche dei giochi di parola: «Sei un mangione di nome e di fatto». Don Angelo a sua volta urla: «Nel nome di Gesù Cristo, vattene!». Al che Francesco ribatte: «Smettila brutto pretaccio altrimenti faccio morire Francesco». Don Angelo a un certo punto gli getta addosso un’anfora di acqua benedetta e ottiene una risposta straordinaria. Francesco comincia a urlare: «Tu non sai che cosa hai fatto! Tu hai distrutto la pianta dell’asma. Io mi chiamo Infus e tu hai ucciso tutti i miei figli. Tu hai distrutto tutto il mio albero dell’asma, intorno al quale lavoravo da oltre ventisette anni». E il fenomeno dell’asma sembra davvero scomparso. Don Angelo chiede a Francesco che cosa sia successo ventisette anni fa. Francesco non sa rispondere. Una personificazione analoga si osserva a proposito dell’otite, quando una voce di Francesco gli grida: «Sono il capo dell’otite. Ci sono anche i miei figli qui».
L’esorcista. Malgrado i benefici che Francesco ottiene dalle preghiere sue e di frate Ferro, le sue sofferenze continuano. Così si ricorre ad altri ausili. Francesco viene prima inviato dall’abbadessa madre Gemma, del monastero delle Clarisse, la quale chiede l’ausilio di un esorcista e da esso ha la conferma che per Francesco si tratta di possessione diabolica, che è una cosa vecchia, che Francesco ha da tanto tempo. Passano giorni, tra visioni, sofferenze e preghiere. Nelle parole della moglie, Francesco «la mattina non si alza, è sempre stanco. Ha incubi la notte. Parla coi defunti». A un certo punto del dicembre 2002, dando voce a una presenza dentro di sé che esige di uscire, Francesco chiede di essere portato dall’esorcista padre Matteo La Grua, di Palermo. Appena si trova sull’uscio della sagrestia diventa rabbioso e furioso, cade a terra, o piuttosto si scaraventa a terra. Il padre lo benedice da lontano. A casa ad Alcamo, Francesco consente ad assecondare l’idea della moglie, che ha prenotato una visita dal neurologo. Ma di comune accordo Francesco e la moglie butteranno via i farmaci prescritti. La moglie è sempre più disperata, e tuttavia trova la forza di chiedere consiglio a frate Ferro, su consiglio del quale tornano da padre La Grua, negli ultimi giorni di dicembre 2002.
La rivelazione. Questa seconda visita è un punto di svolta nella storia della possessione di Francesco: l’anziano sacerdote pratica un esorcismo durante il quale Satana è costretto a svelarsi, confermando che dentro Francesco non c’è semplicemente un demone bensì ventisette legioni di demoni. Durante una seduta di preghiere Francesco urla: «Sono Asmodeo e sono qui per distruggere il vostro matrimonio». Asmodeo è il demone che nell’Antico Testamento uccide tutti e sette i mariti di Sara. La coppia cerca disperatamente un aiuto stabile: l’esorcista nominato dal vescovo, fra Tonino Bono, sta lontano, a Messina; l’esorcista indicato da Padre La Grua, fra Benigno, non è subito disponibile. Intanto i demoni diventano più espliciti, lanciano un altro indizio che, come in un film di Hitchcock, consentono di intuire l’origine del male: «Noi siamo qui perché ci sono patti di sangue. Noi siamo entrati con l’inganno. E ve lo diciamo: parliamo di satanismo, non di altro». Patti di sangue. Satanismo. Le dissociazioni si fanno sempre più violente, con sofferenze al limite del sopportabile ma anche con estasi, visioni dei santi, apparizioni di Gesù Cristo vestito come nella trasfigurazione dei Vangeli con una tunica bianca splendente fino ai piedi, visioni di san Giuseppe che tiene per mano un bambino, di rettili enormi minacciosi, di Mosè. Gli esorcismi si susseguono. Ma ormai la soluzione dell’enigma sembra avvicinarsi. Un giorno lo spirito dell’inganno dice che tutto è avvenuto anni fa, quando Francesco ha fatto quel viaggio a Chicago.
E qui, anche se la ricerca scientifica suggerirebbe di continuare, il fair play verso un intreccio da racconto o da film giallo impone di non rilevare come vanno a finire le cose, per il rispetto dovuto agli scrittori e ai lettori. Il libro è scritto in maniera scorrevole e si lascia leggere bene, sebbene il suo valore consista, più che nello stile, soprattutto nella completezza dei fatti. L’esperienza di cui tratta, insolita e conturbante, è comunque molto interessante. Ovviamente pone una serie di problemi, non solo a un lettore medico e psicoanalista, come è chi scrive questa recensione, ma pure a qualsiasi persona che sia curiosa di fenomeni inspiegabili, aperta senza pregiudizi all’espressione di sofferenze così estreme come quelle raccontate da Francesco e dal giornalista Paolo Rodari.
Le fonti della demonologia cristiana. A tentare di aiutare la nostra riflessione ci sono due appendici al libro. L’Appendice 1 è di frate Benigno, dei Frati Minori Rinnovati, esorcista dell’arcidiocesi di Monreale, che su indicazione da Padre La Grua si è occupato direttamente di Francesco, avendo eseguito su di lui ben settantacinque esorcismi. La prima domanda che frate Benigno si pone è se Satana esista, se esistano i demoni, se esistano le possessioni diaboliche. Correttamente, frate Benigno si chiede se l’esistenza del diavolo non sia una proiezione fantastica delle nostre paure o una identificazione con quella parte del male che è in ciascuno di noi. Questa è l’ipotesi inerente alla prospettiva laica positivistica, per la quale i soggetti che presentano i fenomeni connessi ai demoni rientrerebbero nella categoria dei disturbi psichici psichiatrici. Per i cristiani, invece, il punto di riferimento è la parola di Dio, cioè la Scrittura, la rivelazione di Dio sul mondo demoniaco. E il frate comincia col citare la lettera ai Colossesi (1, 15-16), dove Paolo dice che Dio, oltre all’uomo e all’universo visibile, creò anche degli esseri invisibili che sono i puri spiriti, chiamati angeli; poi la seconda lettera di Pietro (2, 4) nella quale è detto che Dio precipitò nell’inferno gli angeli che avevano peccato ribellandosi a Lui, dove li tiene in catene eterne (lettera di Giuda 6). Questi angeli ribelli sono il diavolo e i demoni. Il diavolo è chiamato «principe di questo mondo» (Giovanni 12, 31), «omicida di questo mondo», «padre della menzogna» (Giovanni 8, 44). I demoni invece sono gli angeli del diavolo: «Andate, maledetti, nel fuoco eterno preparato per il diavolo e i suoi angeli» (Matteo 25, 41).
Gesù e gli indemoniati. Frate Benigno ricorda che Gesù nella sua vita ha incontrato casi di possessione diabolica, che ha provveduto a guarire attraverso esorcismi, come raccontano i Vangeli sinottici. Egli cita vari passaggi in proposito: Luca 4, 33-37; 8 26-33; Marco 9, 14-29; Luca 11, 14-22; Matteo 17, 14-21. Per esempio leggiamo la testimonianza di Luca 4, 33-35 : «Nella sinagoga c’era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte “Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio”. Gesù gli intimò: “Taci, esci da costui”. E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui senza fargli alcun male». Ancora in Luca 8, 26-33, vi è il racconto straordinario dell’incontro di Gesù con un indemoniato abitante della regione dei Geraseni, di fronte alla Galilea. «Da molto tempo non portava vestiti, né abitava in casa, ma nei sepolcri. Alla vista di Gesù gli si gettò ai piedi urlando e disse a gran voce: “Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio Altissimo? Ti prego, non tormentarmi!”. Gesù infatti stava ordinando allo spirito immondo di uscire da quell’uomo. Molte volte infatti s’era impossessato di lui; allora lo legavano con catene e lo custodivano in ceppi, ma egli spezzava i legami e veniva spinto dal demonio in luoghi deserti. Gesù gli domandò: “Qual è il tuo nome?”. Rispose: “Legione”, perché molti demòni erano entrati in lui. E lo supplicavano che non ordinasse loro di andarsene nell’abisso. Vi era là un numeroso branco di porci che pascolavano sul monte. Lo pregarono che concedesse loro di entrare nei porci; ed egli lo permise. I demòni uscirono dall’uomo ed entrarono nei porci e quel branco corse a gettarsi a precipizio dalla rupe nel lago e annegò». Altri esempi si trovano in Marco 9, 14-29, e Matteo 17, 14-21, dove Gesù libera un ragazzo in preda a convulsioni epilettiche, che i discepoli non erano riusciti a guarire «per la loro poca fede». In Luca 11, 14-22, Gesù scaccia un demonio muto; uscito il demonio il muto comincia a parlare. I tentativi dei discepoli stanno a mostrare come fossero autorizzati a operare. Infatti, ricorda frate Benigno, Gesù ha conferito alla Chiesa il potere di scacciare i demoni, come si dice in Matteo 10, 1: «Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattia e di infermità»; elemento ripreso in Marco 3, 14-15, Marco 6, 7, Luca 9, 1. In Luca 10, 17-20, leggiamo: «I settantadue [discepoli designati da Gesù] tornarono pieni di gioia dicendo: “Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome”. Egli disse: “Io vedevo Satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e contro ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli”».
Fra Benigno invita comunque l’esorcista a usare tutta la cautela necessaria per distinguere da una parte quanto attiene alla possessione e all’esorcismo, e quanto, dall’altra, attiene a una malattia psichica, all’immaginazione o alla credulità, o anche ai fenomeni paranormali. Nel dubbio, l’esorcista può consultare il Rito degli esorcismi, il quale raccoglie una serie di segni o sintomi che dovrebbero aiutare a porre una diagnosi differenziali corretta. A ogni modo, l’esorcismo essendo un sacramentale, può agire solo attraverso la Chiesa, e quindi, come dice Marco 9, 29: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo se non con la preghiera». Appare invece piuttosto debole l’argomento portato da fra Benigno per dimostrare che in Francesco si trattava di una possessione, quando si chiede «come mai Francesco sia guarito del tutto da certe patologie fisiche e psichiche, pur non essendosi sottoposto a un trattamento farmacologico e psicoterapeutico». Infatti, lo psicoterapeuta scettico e naturalista avrebbe buon gioco a ribattere che tutto il rituale di tantissime sedute di esorcismi poteva benissimo configurarsi come una sorta di psicoterapia. Ma non è di questa polemica che ci interessa intrattenerci, bensì del testo che documenta un’esperienza umana e relazionale tanto estrema e affascinante.
Sulla stessa linea si trova nel libro una Appendice 2 di frate Tonino Bono, esorcista dell’arcidiocesi di Messina e Lipari, il quale si è ugualmente occupato di Francesco su mandato del vescovo. Il sacerdote si interroga sul mistero del male attraverso i secoli, di cui la demonologia cristiana consente di prendere coscienza, mettendoci al riparo «da alcuni rischi mortali»: dalla pretesa di combattere il male con la sola forza della razionalità umana; dalla velleità di estirpare totalmente il male dal mondo; dal confinare la demonologia nella sfera delle subculture; dal ridurre i riti esorcistici a espressione di superstizione e di suggestione; dalla pretesa riduzionista della psichiatria e della psicologia di annettersi il territorio della demonologia.  
Riflessioni. In una prospettiva relativista, c’è chi potrebbe sostenere che sia la demonologia, sia la psicologia sono modi di interpretare una realtà inaccessibile, e che quindi sono teorie ugualmente infalsificabili. In realtà non è indifferente che si abbracci l’una o l’altra, perché sul piano concettuale è profondamente diverso pensare in termini di proiezione, introiezione, identificazione proiettiva, o in termini di un entità spirituale che entra e si impossessa di una persona. La visione psicoanalitica è autoriflessiva, e la premessa per la cura è che una persona accetti di esaminare “quello che fa a sé stessa”; mentre il punto di vista della demonologia è fondato sulla premessa che la cura, cioè l’esorcismo, consiste nello scacciare dalla persona uno spirito estraneo, un parassita, un impostore. A proposito, ci si può chiedere se il sottotitolo del libro non sarebbe dovuto essere, anziché: «Come mi sono liberato...», piuttosto «Come sono stato liberato da ventisette legioni di demoni». Infatti è l’esorcista a svolgere l’essenziale dell’attività, parlando con lo spirito maligno, apostrofandolo, interrogandolo. Eppure anche Francesco contribuisce alla propria guarigione, non solo tramite il ricorso all’esorcista, ma anche tramite la preghiera e la frequentazione assidua di raduni spirituali. Senza contare le preghiere altrui, quelle della moglie e della madre, ma anche quelle dei santi che vengono invocati. Contro le legioni di demoni viene coinvolta una comunità di anime pronte ad aiutare con la preghiera e con i sacramenti.
La fede rimane quindi il fattore discriminante, ma è interessante rilevare le analogie con la prospettiva demonologica che, sul piano formale, l’approccio conversazionale e in particolare il concetto di disidentità presentano, nella misura in cui contemplano l’interazione di più persone dentro la persona, sia a livello teoretico sia a livello della tecnica.
 




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