RECENSIONI


Vita ritrovata

Livia Incerti recensisce Piangi pure, di Lidia Ravera, Bompiani, Milano, € 18,00, pp. 368.


Le storie succedono a chi sa raccontarle (Henry James).
Iris, 79 anni, interprete leggiadra di vecchiaia, sembra proprio confermarlo. Su suggerimento di un amico psicoanalista, vicino di casa, si mette a scrivere e giorno dopo giorno prende a conoscersi, a stupirsi, a desiderare, ad amare, a vivere.
Lidia Ravera, condannata alla fama a venticinque anni con Porci con le ali, autrice di altri venticinque romanzi, si conferma anche in questo romanzo scrittrice. Combattendo tutti gli stereotipi di cui si nutre la vecchiaia (perdita di progettualità, fine della seduzione, incapacità ad accogliere il nuovo, rigidità eccessiva, odio per i giovani) restituisce a Iris una freschezza e leggerezza che nessun intervento di chirurgia estetica avrebbe prodotto. Coglie con estrema sensibilità e ironica intelligenza la fragilità e al tempo stesso i punti forza di questa simpatica signora.
Nell’incontro con Carlo, gravemente malato, Iris esce un po’ da sé, supera tutte le sue paure ipocondriache e si accorge di poter amare anche un corpo avvizzito e consumato e anzi questo amore ricambiato la dispone a una rinascita.
Sorprende il ritmo così veloce e dinamico che il romanzo assume nonostante i protagonisti siano appunto due anziani di cui uno gravemente compromesso, i quali, per l’età e le condizioni, ricondurrebbero al senso di rallentamento temporale e riduzione spaziale. La grande sfida che i due protagonisti mantengono e superano riguarda proprio l’accettare, nel senso di non smettere di desiderare, come Starobinsky insegna.
Abituati a declinare i sintomi della mortalità nell’invecchiamento e a vivere «l’invecchiamento come una sorta di morte diluita» (Vladimir  Jankélévitch) anche noi lettori siamo piacevolmente contagiati da questo desiderio reciproco, questa curiosità, questo affidarsi l’un l’altro. Proprio la vitalità ritrovata, nonostante tutto, li porta a un senso progettuale, a un’apertura di futuro, anche se brevissima.
Questa condizione permette a Iris di rivisitare anche il suo passato, definirlo, sconfiggerne il senso destinale e inerte, riattraversare la conflittualità con la figlia e separarlo dal presente. Vivere come modo di essere la vecchiaia così come la giovinezza e l’età matura. Modo di essere che porta Iris a ospitare nella sua nuova casa (interna) l’amato ospite che da moribondo diventa morituro.
A conferma che abbiamo sì una sola vita ma molte sue versioni e disidentità da interpretare e vivere.




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