RECENSIONI


L’enigma Bergoglio, di Massimo Franco

Presentazione editoriale: «Dal giorno della sua elezione, Francesco è stato il personaggio pubblico del mondo cattolico per antonomasia. Una novità «rivoluzionaria» per la Chiesa, che ha creato attese e speranze enormi. Ma dopo oltre sette anni di pontificato forse è il momento di analizzare freddamente se esista ancora, e dove stia portando, il vento di cambiamento voluto dal Papa argentino; e di chiedersi se lo schema del «Bergoglio accerchiato» non vada aggiornato.

Per capirlo Massimo Franco indaga nel suo nuovo libro la parabola di un papato nato nel segno della trasparenza e di un riformismo radicale; e immerso oggi in un incantesimo purgatoriale, in cui convivono popolarità e veleni, promesse di palingenesi e scandali, comitati d’affari e gesti di solidarietà.»

Ed. Solferino, Milano 2020, pp. 332


Recensione: Scrivere di un Pontefice della Chiesa Romana è scrivere di una persona che racchiude in sé l’esercizio di tre funzioni: di dottrina, di governo, e di culto. In quanto Vicario di Cristo, il Papa è depositario della Parola di Dio, incarnazione dell’approccio spirituale alla nostra esistenza. In quanto vescovo di Roma, ha potere giurisdizionale su tutti gli elementi della gerarchia ecclesiastica, a Roma e fuori. In quanto sovrano dello Stato della Città del Vaticano, è un Capo di Stato che intrattiene con altri Capi di Stato rapporti istituzionali, i quali hanno ripercussioni significative sulla vita dei fedeli. Il Papa è quindi uno studioso, un religioso, un politico, oltre a essere un uomo, con la propria storia e le proprie idiosincrasie. Non è sorprendente che l’assemblaggio di questi vari elementi e l’esercizio congiunto di queste varie funzioni espongano il pontefice a critiche e contestazioni. Ma è forse l’elemento umano, personale, a catalizzare in modo decisivo il consenso o il dissenso nei suoi confronti. Papa Francesco attira su di sé l’amore di molti, ma anche l’ostilità di altri. Come scrivere di lui mantenendo il distacco e l’imparzialità inerenti alla ricerca?

Per tentare di riuscire in questo intento, Massimo Franco ricorre alla tecnica ben nota a noi terapeuti, quella del salto di modalità, che trasforma il quesito assiologico (è buono o cattivo, bene o male?)  in un quesito epistemico (lo conosco o non lo conosco?). Ne testimonia il titolo del suo libro L’enigma Bergoglio, che invita il lettore a capire meglio, per quanto possibile, piuttosto che giudicare, un personaggio complesso alle prese con un’istituzione millenaria.

L’immagine con la quale si apre il libro, quella del Papa all’altare illuminato, nella piazza San Pietro buia, battuta dalla pioggia e resa deserta dal coronavirus, ci conduce dritto a un paradosso. Quello di un pontefice abituato a cercare la vicinanza con le folle, quasi a confondersi con i fedeli, ma che proprio nella solitudine ritrova la capacità, sbiadita o smarrita, di evocare la trascendenza. È un lampo di spiritualità che sembra voler riscattare le opacità di un’istituzione appesantita e le ambiguità del suo conduttore. L’Autore parla di «un tentativo di ridefinizione di Francesco, della sua immagine, del suo Vaticano, dei suoi referenti», della «metamorfosi» di un papato stanco e in affanno.

Casa Santa Marta. Di queste opacità e ambiguità e dei conflitti che ne conseguono i capitoli successivi parlano diffusamente. Per cominciare, la scelta di Francesco di abitare nella Casa Santa Marta, un albergo pensato per ospitare i cardinali durante i Conclavi, piuttosto che nell’appartamento papale del Palazzo Apostolico, ha due facce e sembra un esempio perfetto di eterogenesi dei fini. Ispirato a un intento di umiltà e condivisione, è diventato un elemento di divisione all’interno del Vaticano, dando luogo a un nucleo di contropotere dove il Papa, attorniato da porporati sudamericani, decide da monarca assoluto. Inoltre, in termini strettamente economici, questa soluzione “democratica” si rivela in realtà più costosa di quella tradizionale. Quanto al piano personale, si delinea un’antitesi tra la durezza con cui Francesco esercita il potere e la sua figura pubblica di benevolenza e misericordia. È a questo livello che il Papa è definito enigmatico: uomo diffidente, che gli altri temono nel dubbio di essergli diventati invisi senza che ne conoscano il motivo. Un altro elemento di critica riguarda la tendenza di Francesco a mandare avanti un subordinato per testare l’effetto delle sue scelte, costringendolo ad addossarsi l’eventuale voltafaccia. È il caso della decisione di chiudere le chiese al culto a causa della pandemia, decisione condivisa dalla Conferenza episcopale in base all’approvazione del Papa, inizialmente data e poi ritirata.

Affari economici. Un altro esempio di ambiguità di Papa Francesco riguarda il tentativo di riformare le finanze vaticane, affidate al cardinale australiano George Pell, che diventa perciò Prefetto per gli affari Economici nell’ambito della Segreteria per l’Economia. La brusca nomina di Pell provoca le resistenze dei prelati rimossi, esacerbate dai modi ruvidi del nuovo responsabile. Per giunta Pell sceglie come revisore dei conti un italiano di formazione anglosassone, Libero Milone, anch’egli poco abituato ai modi felpati della Santa Sede. Sia Pell sia Milone sono convinti di attuare la linea moralizzatrice voluta dal Papa, ma al momento in cui la loro azione inizia a suscitare segni di ostilità o tentativi di sabotaggio (per esempio, quando il computer di Milone viene manomesso), Francesco non appare più così sicuro di andare fino in fondo e diventa «più enigmatico», scrive Massimo Franco. Infatti il Papa chiude i canali di comunicazione sia con Pell sia con Milone, che non riescono più a farsi ricevere da Bergoglio. Pell è raggiunto da voci nemiche che lo accusano di pedofilia e vien messo in congedo; il Papa lascia intendere che nutre perplessità su quelle accuse ma “deve” lasciare che il cardinale subisca il processo. Milone è costretto dalla Gendarmeria vaticana a dimettersi in base a insinuazioni mai provate. Più avanti sia Pell in Australia, sia Milone a Roma verranno lavati da ogni sospetto.

Largo al sud del mondo. Al di là di questi aspetti legati alla personalità di Jorge Mario Bergoglio, vi è naturalmente l’elemento politico delle sue iniziative, già presente nella scelta di abitare a Santa Marta. Il Conclave del 2013 ha eletto questo Papa in quanto emissario di una parte consistente del mondo cattolico fino ad allora mai rappresentata. Appena eletto Francesco si è qualificato come pontefice «venuto dalla fine del mondo», il che suona come un modo di dire o un gioco di parole, ma denota una realtà precisa: Fin del mundo è il soprannome di Ushuaia, città argentina della Patagonia, capoluogo di Provincia della Terra del Fuoco, il porto da dove si salpa per l’Antartide. Forte della sua provenienza dall’emisfero australe e del mandato ricevuto dal Conclave, il Papa ha impresso, o cercato di imprimere, alla Chiesa una «torsione geopolitica» tale da decostruire l’assetto occidentale, soprattutto europeo, e in particolare italiano, dei suoi vertici, sostituendoli con una governance che desse peso ai continenti del sud del pianeta. Si proponeva di ristabilire un equilibrio tra quei paesi dell’Africa e del Sudamerica, dove il numero di cardinali appare estremamente basso rispetto alla moltitudine di fedeli battezzati, e l’Europa che invece è ricca di dignitari della Chiesa, mentre la popolazione dei fedeli decresce inesorabilmente.

A fare le spese di questo progetto sono stati i vescovi e cardinali italiani, al punto che l’italianità rischiava addirittura di apparire peccato. Nel capitolo dedicato a questo tema, “La periferia dei vescovi italiani”, l’Autore narra le tensioni tra il Papa e la Cei, nate da nomine che assoggettano l’episcopato italiano a esponenti “bergogliani”, sudamericani come l’honduregno Óscar Rodríguez Maradiaga, o anche italiani come Nunzio Galantino; l’eccezione essendo la nomina dell’italiano Pietro Parolin a Segretario di Stato, «garante di un simulacro di equilibrio e di un rapporto di lealtà». Di non minore portata è la rivoluzione negli organici dell’informazione vaticana, in particolare il licenziamento del direttore de “L’Osservatore Romano” seguito da varie dimissioni, come quelle di Lucetta Scaraffia e dell’intero staff di “Donna Chiesa Mondo”, supplemento mensile de “L’Osservatore”; tutte persone sostituite da giornalisti vicini al mondo dei Gesuiti, ordine al quale appartiene il Papa. Si fa il nome di Antonio Spadaro, direttore del periodico gesuita «La Civiltà Cattolica», come ispiratore di iniziative invise alla Cei. Ma non solo i vescovi italiani sono indisposti. Anche i fedeli sono sconcertati da certe affinità del Papa con il populismo grillino, preoccupati dal martellamento in favore dell’immigrazione, tentati da posizioni sovraniste che si riflettono nei risultati elettorali. L’Autore sottolinea l’impressione di debolezza di una Chiesa che non riesce a ispirare un pensiero politico condiviso e si apre alternativamente ai populismi di segno opposto.

I peccati della Chiesa. Naturalmente trova posto nel libro il capitolo sugli scandali finanzieri, ancora in corso, intorno all’acquisto di un palazzo a Londra, dove la Chiesa si trova implicata nel peccato capitale dell’avarizia. Poi il capitolo sugli abusi sessuali, dove il peccato da sconfiggere è la lussuria. L’Autore mostra le difficoltà del Papa, deciso a eradicare gli atti di pedofilia e punire i loro autori, tanto che nel dicembre del 2019 abolisce il segreto pontificio su quei casi, aprendo gli archivi per mettere le informazioni a disposizione dei magistrati che le richiedano. Non senza aver prima per diversi anni temporeggiato, evitando di prendere provvedimenti nei confronti di dignitari sospetti di aver commesso abusi o di aver coperto colpevoli di abusi: l’arcivescovo di Washington McCarrick, il vescovo cileno Barros, l’argentino Zanchetta, quest’ultimo persino accolto in Casa Santa Marta. Il Papa incalzato dai giornalisti si è difeso parlando di “informazioni non veritiere”. E qui viene messa in causa l’abitudine di Bergoglio di affidarsi a intermediari scelti per affinità piuttosto che per loro attendibilità.

I due papi. Il ruolo dell’entourage è stato innegabile anche nella gestione della situazione delicata legata alla compresenza di “due papi” in Vaticano, Francesco e l’emerito Benedetto XVI. Per quanto entrambi abbiano cercato di rispettarsi a vicenda, iniziative editoriali gestite male hanno fatto emergere contrasti. All’inizio del 2018 monsignor Dario Viganò, allora prefetto per la comunicazione, nel pubblicare un messaggio nel quale Benedetto rifiutava di recensire una raccolta di scritti relativi al pensiero teologico del Papa, aveva omesso la parte che spiegava il motivo del rifiuto. Per questa censura fu costretto alle dimissioni. Ma l’anno successivo, la cerchia di Santa Marta mostrò nuovamente la propria insofferenza nei confronti delle espressioni scritte del Papa emerito, quando uscirono su un periodico tedesco gli «appunti» di Benedetto sulla pedofilia, poco dopo una riunione degli episcopati mondiali sul tema; le polemiche denunciarono l’intento di Benedetto di sovrapporre il suo pensiero alle conclusioni di questa riunione, «quasi a darle profondità teologica e spessore» (p. 174); eppure il progetto di pubblicare gli appunti era stata annunciato alla Segreteria di Stato e aveva ricevuto il via libera. Un’altra iniziativa fu l’inserimento di un contributo di Benedetto in un libro del cardinale Robert Sarah di cui lo si faceva apparire co-autore, contributo nel quale prendeva posizione a favore del celibato dei preti, nel momento in cui vescovi tedeschi “progressisti” facevano pressione su Francesco per la sua abolizione. A pagare questa volta è stato monsignor Georg Gänswein, congedato da Francesco dal suo posto di prefetto della Casa pontificia. L’Autore dà rilievo all’opinione secondo la quale entrambi i protagonisti abbiano contribuito alla destabilizzazione del papato, Ratzinger con le sue dimissioni, Bergoglio con la smitizzazione della figura papale, creando confusione e sconcerto; e denuncia la tentazione di scansare il problema prendendo parte per l’uno contro l’altro, in una logica di resa dei conti e in un’atmosfera intrisa da veleni.

Da un continente all’altro. A proposito di veleni spicca il capitolo dedicato all’Argentina, dove all’entusiasmo iniziale per l’elezione a Papa dell’arcivescovo di Buenos Aires sono subentrate delusione e disaffezione. Le chiese cattoliche si stanno vuotando, mentre crescono non solo gli agnostici, ma anche i protestanti. A questo allontanamento dalla Chiesa e dal Papa hanno contribuito la mancata inclusione dell’Argentina nelle mete dei viaggi papali, che hanno toccato il Cile, la Bolivia, il Paraguay senza fermarsi mai nella patria del pontefice. Ma sono le posizioni politiche del Papa a scatenare in modo più violento le critiche dei suoi avversari, che lo accusano di essere “peronista” o “progressista” e di essere comunque troppo implicato nelle dinamiche nazionali.

Queste posizioni politiche del Papa, presentate più estesamente nei capitoli finali, vanno al di là del perimetro argentino e sono riassumibili nel progetto della «Patria Grande», finalizzato a rendere l’America Latina protagonista, emancipata dalla subordinazione interna alle oligarchie locali, e da quella esterna al Nordamerica. Il disegno di un continente libero e democratico, sotto l’egida di una Chiesa cattolica promotrice di democrazia e diventata «il laboratorio del “Nuovo Mondo religioso”», si è scontrato con una crisi economica causato dal crollo delle quotazioni delle materie prime e con la crescita di movimenti che hanno eletto governi di destra, Bolsonaro in Brasile, Trump a Washington. Per quanto riguarda le relazioni con gli Stati Uniti, il progetto della Patria Grande, concepito per rovesciare gli equilibri mondiali togliendo supremazia all’asse atlantico, mette in difficoltà i cattolici statunitensi e i loro vescovi, che erano stati tra gli elettori di Bergoglio. Come, in direzione opposta, la ricerca del Vaticano di migliori relazioni con la Cina ha ripercussioni non indifferenti sui fedeli dell’Estremo Oriente. Di mezzo c’è la questione dell’ordinazione dei vescovi, sulla quale il governo cinese pretende giurisdizione, in una rinnovata lotta per le investiture, che pone i fedeli di fronte a due Chiese, quella “patriottica” cinese e quella sotterranea non riconosciuta dal regime. Inoltre ci sono le ingerenze di Pechino su Hong Kong, con gli Stati Uniti schierati con i contestatori a tutela dell’ex colonia inglese; la situazione abbastanza simile di Taiwan; e ancora gli echi di persecuzioni contro minoranze cristiane, protestanti e cattoliche, che non accettano la “normalizzazione” col regime sottoscritta dal Vaticano. Il silenzio del Papa su questi vari problemi sembra motivato dal timore da una parte di irritare la Cina, dall’altra di apparire manovrato dagli americani. Intanto ogni cedimento di Roma a Pechino suscita inquietudini tra i fedeli a Hong Kong e a Taiwan, anch’essa minacciata dalla Repubblica popolare.  

L’ultimo capitolo, “Il fantasma di uno scisma”, racconta le tensioni e gli attacchi al papa, più espliciti che mai, se sono andati fino ad accuse di eresia e richiesta di dimissioni. Esiste una difficoltà del Papa a rappresentare l’unità della Chiesa. Si è creata una contrapposizione tra «l’elemento nazionalpopolare bergogliano» e il rigore teologico dei pastori occidentali. Ma non è solo una questione di stile. La dimensione “riformista” di Francesco tocca situazioni che hanno risvolti teologici, come l’accesso alla Comunione per i divorziati, o l’apertura sul matrimonio dei sacerdoti in Amazzonia. Questi temi hanno suscitato critiche da parte tradizionalista, e in particolare dal cardinale Gerhard Müller, il quale ha pagato la sua contrarietà con l’allontanamento dal posto di Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Müller aveva tra l’altro reagito negativamente agli atteggiamenti dialoganti del Papa con Eugenio Scalfari, secondo il quale Francesco negherebbe il dogma dell’Incarnazione. L’Autore segnala poi un altro cambiamento che riguarda il piano teologico. Si tratta di una variazione nella pagina riservata al Papa dell’Annuario pontificio. Nell’edizione di aprile 2020, il titolo di testa è costituito da nome e cognome «Jorge Mario Bergoglio», mentre le designazioni che indicavano il pontefice nelle edizioni precedenti, «Vicario di Cristo, successore del principe degli apostoli, Primate d’Italia» ecc., sono scivolate in fondo alla pagina, in caratteri minuscoli, sotto la denominazione di “Titoli storici”. Anche se pochi si sono accorti della variazione cosiddetta “grafica”, è stata rilevata come un tentativo di togliere valore teologico a questi titoli, col pretesto di storicizzarli. Quanto al rischio di scisma, è significativa la risposta di Francesco, secondo cui gli scismi sono manifestazioni elitarie mentre «è il popolo di Dio a salvare dagli scismi».

Il libro di Massimo Franco conduce il lettore nella complessità delle questioni evocate, sulla base di un’informazione abbondante e accurata, tratta in gran parte da articoli apparsi su quotidiani, rigorosamente citati nelle note. Esplora con grande perizia le diverse aree nelle quali si esercita l’azione del suo protagonista, dai rapporti con la Curia a quelli con le varie potenze del mondo. Possiamo dire che ha risolto «l’enigma Bergoglio»? Il Papa è descritto come «enigmatico» nei momenti in cui si astiene dal sostenere una determinata linea, cioè quando nasconde il suo intento, o la sua incertezza. Piuttosto, l’Autore ha mostrato una serie di azioni di Bergoglio, che lo fanno apparire come un Papa essenzialmente politico, schierato dalla parte degli “ultimi” e deciso a operare la «rivincita degli esclusi di ieri», contro le élite fomentatrici di scismi. Una politica che crea molti conflitti in una Chiesa indebolita e costringe il timoniere a una navigazione difficile.

Sta di fatto che più un Papa è percepito come politico, più in ombra recede la sua figura di tramite privilegiato con l’Altissimo. Per chi recensisce, proveniente da un’educazione protestante, la contrapposizione tra l’esigenza di governare gli affari del mondo e l’aspirazione dell’anima al rapporto con la trascendenza è una questione molto sensibile. Giustamente l’Autore ha iniziato il libro evocando il bisogno di spiritualità che ha trovato accoglimento nella celebrazione della messa solitaria sulla piazza deserta. Ci si può chiedere se «l’enigma» evocato dal titolo non sia quello del livello dove si situa l’agire di questo pontefice: se la sua preoccupazione di difendere i poveri, pur se ispirata a Francesco d’Assisi, non si esaurisca in una predicazione sociologica, nella prospettiva di un egualitarismo populista; o se la sua scelta del santo come modello indichi la via di un’identificazione a Cristo nella dimensione spirituale.




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