RECENSIONI


Il comportamento spiritoso. Scherzare e ridere di sé, degli altri e della vita, di Guglielmo Gulotta et al. - numero 33

Carla Canestrari recensisce Il comportamento spiritoso. Scherzare e ridere di sé, degli altri e della vita, di Guglielmo Gulotta, Giovannantonio Forabosco, Maria Letizia Musu, McGraw-Hill, Milano, 2001, pp. 246, € 21,50.


Pochi studiosi in Italia, Pirandello escluso, hanno preso in seria considerazione il tema dell’umorismo: colpa di un miope sillogismo per cui se l’umorismo diverte, una sua teoria non è cosa seria. Una dimostrazione di tale atteggiamento sta nell’esiguo numero di libri e articoli scientifici scritti da Italiani e in italiano; più facilmente troviamo nomi di connazionali in riviste internazionali.

Fa eccezione Forabosco, psicologo psichiatrico presso il Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Usl di Ravenna, componente dell’International Society for Humor Studies, forte sostenitore della forza anche terapeutica dell’umorismo. Il testo qui recensito è stato preceduto più di dieci anni fa da un altro libro sull’umorismo “Il settimo senso” e da numerosi articoli apparsi nella rivista “Humor. International journal of humor research”.

Lo stile dei tre Autori è scorrevole, le tematiche sono chiaramente espresse così che possano essere comprese anche da chi conosce l’umorismo solo da un punto di vista ingenuo. L’esposizione è esemplificata e alleggerita dalle numerose vignette di Roy Nixon e da diverse barzellette. Il testo si compone di tre parti: la prima “lo spirito nel quotidiano” tratta la tematica analizzando le strutture delle barzellette e degli aneddoti personali umoristici. Inoltre, i primi capitoli sono interessati a sottolineare varie tipologie di umorismo (etnico, sessuale, blasfemo ecc.) notando per ciascuna i processi psicologici sottostanti e le differenze contenutistiche e contestuali.

Seguendo cronologicamente le fasi di un’interazione umoristica, a qualcosa di spiritoso segue una risposta dell’interlocutore: la tematica si intreccia con i fenomeni del sorriso e della risata, comportamenti che, presi isolatamente, non segnalano la presenza di umorismo (basti pensare al solletico). Altri temi correlati sono la personalità: gli Autori riportano lo studio di Ziv, secondo il quale esisterebbe una corrispondenza tra personalità e apprezzamento umoristico (solo per citare un esempio l’introverso instabile preferisce la satira aggressiva e lo humor nero, mentre l’introverso stabile ama i giochi di parole e i nonsense). Le risposte all’umorismo cambiano anche in relazione al genere: uomini e donne ridono di più o di meno e con motivazioni psicologiche differenti a seconda del contesto relazionale e dei ruoli che ricoprono nelle interazioni.

La seconda parte del testo “Lo spirito dello spirito” cattura soprattutto l’interesse dello studioso di umorismo: sono affrontate le differenze espresse dai vari esperti nel passato tra ciò che è definibile “comico” e “umoristico” e le sovrapposizioni più o meno parziali tra grovigli di concetti come satira, ironia, grottesco, barzelletta ecc. Per chi studia l’umorismo la seconda parte è davvero interessante in quanto offre una sintesi proficua e per nulla riduttiva di questioni terminologiche e contenutistiche non ancora dipanate.

La terza parte “Lo spirito pratico” presenta diversi campi applicativi dell’umorismo: il tribunale, la salute mentale, l’insegnamento e i mass media. In questa sezione gli Autori sottolineano l’efficacia e la forza che lo strumento umoristico può offrire a chi ne riconosce le potenzialità.

Per appagare il bisogno di conoscenze teoriche, il testo si chiude con un’appendice in cui sono ripercorse le principali tappe che costituiscono la storia degli studi sull’umorismo e i principali modelli scientifici di analisi del fenomeno.

La tematica dell’umorismo, indagata per certi versi già da Platone, ha conosciuto da allora discipline e studiosi vari, sopravvivendo a inquisizioni e indifferenza. Forse il fatto che esso costituisca uno degli elementi che maggiormente caratterizzano l’essere umano, è la ragione per cui l’umorismo continua a essere fonte di stimolo per studi teorici ed applicati.




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